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Audit e qualità del latte

Per massimizzare la qualità dei prodotti di origine lattiero-casearia e soddisfare i requisiti imposti dall’Unione Europea, oltre che dai consumatori sempre più attenti e informati, ciascun paese attua diverse strategie specifiche per ogni fase produttiva della filiera.

In quest’articolo è preso in esame un metodo che in Olanda è ampiamente utilizzato in modo complementare ai normali controlli previsti dalla normativa attualmente in vigore. Questo sistema si basa sullo svolgimento di audit negli allevamenti da parte di personale appositamente formato al fine di evidenziare, tramite un’apposita check list, le criticità presenti in ogni singola realtà e determinare, in stretta collaborazione con l’allevatore, gli interventi correttivi da attuare al fine di migliorare la qualità del latte prodotto e non oltrepassare i limiti dettati dalla legge.

Un tipico audit aziendale richiede diverse ore di lavoro (compresa la preparazione, la visita e la fase di reporting) e costa diverse centinaia di euro.

Poiché l’esecuzione degli audit aziendali ha dei costi elevati, è importante sapere se effettivamente essi aiutano a migliorare qualità e sicurezza del latte prodotto e se questo effetto è temporaneo o permanente. I vantaggi economici e commerciali dell’auditing non sono mai stati quantificati e gli studi in merito al ritorno economico che questa metodica garantisce nella produzione alimentare sono scarsi, soprattutto per quanto riguarda il settore lattiero-caseario.

Si è voluto, in particolare, determinare se i valori di carica batterica totale del latte di massa sono soggetti a variazioni durante il periodo successivo all’esecuzione dell’audit in allevamento.

I dati ottenuti da oltre 13.000 audits effettuati in 12.855 allevamenti di bovine da latte nel periodo compreso tra febbraio 2006 e aprile 2008 sono stati associati ai risultati dei test di laboratorio eseguiti su 325.150 campioni di latte di massa prelevati nei sei mesi precedenti e nei sei successivi all’audit.

I dati raccolti sono stati elaborati utilizzando un modello lineare realizzato mediante il metodo della massima verosimiglianza al fine di verificare se la carica batterica totale (CBT) del latte di massa era diminuita nei sei mesi successivi all’audit rispetto ai valori registrati nei sei mesi prima della visita in allevamento.

I risultati hanno mostrato che i valori di CBT erano dal 2 al 6% inferiori (0,010-0,026 log UFC/mL) nel periodo compreso tra 1,5 ad almeno 6 mesi dopo un audit (figura 1).

Grafico audit e qualità latte

Figura 1: andamento della carica batterica totale (CBT) nei sei mesi precedenti all’audit e nei sei mesi successivi.

I valori della CBT sono risultati essere maggiori negli allevamenti caratterizzati da un elevato livello di punti critici rilevati tramite l’audit.

Inoltre, il latte prodotto negli allevamenti che non hanno applicato le misure correttive consigliate dopo l’audit era caratterizzato da valori medi di CBT significativamente più elevati rispetto a quello prodotto dalle aziende che hanno applicato con precisione le misure correttive dopo la visita in allevamento.

Da quanto detto finora si può concludere che l’audit è uno strumento utile nella gestione di un programma di monitoraggio e incremento della qualità del latte poiché può fornire ai produttori la possibilità di ricevere e mettere in pratica preziosi consigli in merito ai fattori che influenzano negativamente i valori di carica batterica nel latte di massa e questo effetto positivo dura per un periodo di almeno 6 mesi successivi all’audit. Ovviamente l’impegno di ciascun allevatore nel mettere in pratica i consigli forniti durante l’audit è alla base del livello di successo ottenuto e della sua durata nel tempo.

Fonte: Do farm audits improve milk quality? – A. Flores-Miyamoto, M. W. Reij, A. G. J. Velthuis – Journal of Dairy Science Vol. 97 No. 1, 2014.

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