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L’approccio terapeutico alla mastite

La mastite bovina negli USA causa all’industria lattiero-casearia danni per 2 miliardi di dollari l’anno e rappresenta tutt’ora un problema che affligge un numero troppo elevato di vacche. Le infezioni intramammarie sono il risultato di una complessa interazione tra l’ospite, il patogeno e l’ambiente; quando queste infezioni non vengono trattate correttamente o non rispondono adeguatamente alla terapia possono portare alla perdita di uno o più quarti e alla riforma dell’animale.

Nei Paesi più industrializzati gli allevatori sono sempre più consapevoli dell’importanza dei vari aspetti della prevenzione quali l’adozione di una corretta routine di mungitura; il controllo della sanità della mammella; la riduzione della fecalizzazione ambientale; la diminuzione del sovraffollamento e l’adozione di buone pratiche gestionali.

Il peri-parto rappresenta una dei periodi più critici per il controllo delle mastiti, durante tale periodo infatti le difese immunitarie della vacca risultano naturalmente meno efficienti ed espongono l’animale a maggiori rischi d’infezione. Un piano di controllo delle mastiti efficace deve tener conto di tali stati fisiologici e deve: mantenere l’animale e la mammella nelle migliori condizioni igienico-sanitarie possibili; identificare prontamente le bovine infette e prevedere un nutrizione bilanciata rispetto alle condizioni dell’animale.

Una razione alimentare corretta riduce sensibilmente il rischio di chetosi e altre patologie dismetaboliche che, oltre al danno diretto, riducono ulteriormente la risposta immunitaria. In questo senso è opportuno dedicare un occhio di riguardo a vitamina A, vitamina E, selenio e rame così come ai livelli dei loro possibili antagonisti (ferro e molibdeno).

Sul fronte della genetica sono in corso numerosi studi sia dal punto di vista dell’ospite sia da quello del patogeno finalizzati, rispettivamente, ad identificare i geni bovini responsabili di una maggiore / minore resistenza alla mastite e i geni batterici che forniscono ai microorganismi gli strumenti per infettare la mammella.

Gli agenti eziologici si evolvono molto rapidamente sviluppando gradi di resistenza e di virulenza differenti che permettono loro di evadere le difese dell’ospite, resistere all’azione degli antibiotici e indurre forme patologiche notevolmente differenti (da quelle acute più gravi ed evidenti a quelle croniche asintomatiche); pertanto, l’impiego di principi attivi ad ampio spettro deve essere ridotto e scoraggiato quanto più possibile.

L’approccio terapeutico più razionale prevede l’impiego di antibiotici mirati per i patogeni diffusi nello specifico allevamento, affinché questo sia possibile risulta fondamentale l’ausilio di un laboratorio affidabile e pronto nel fornire i risultati.

In un’era come la nostra dove le preoccupazioni legate alla presenza di residui di farmaci nella catena alimentare e quelle relative all’antibiotico resistenza sono sempre maggiori è indispensabile che sia gli allevatori sia i veterinari siano consapevoli della natura dei patogeni presenti in azienda e di quali siano gli strumenti adeguati per combatterli.

Fonte: John Hibma – Advancing our mastitis treatment strategy – Hoard’s Dairyman (Giu 2012)

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