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Le buone pratiche di allevamento

L’allevatore di bovine da latte deve affrontare sfide sempre più frequenti ed impegnative. Se da un lato vi sono le tensioni economiche dovute alle fluttuazioni dei costi di alimenti ed energia, dall’altro vengono proposte ed introdotte normative che hanno lo scopo di migliorare la sanità e il benessere degli animali. Recentemente la World Organization of Animal Health (OIE), in accordo con il World Trade Organization (WTO), ha identificato gli aspetti della sanità e del benessere animale come prioritari. La ricaduta di tale accordo è estremamente importante poiché è ormai facilmente pronosticabile che ben presto saranno introdotte anche norme riguardanti la gestione dell’allevamento e il benessere delle bovine da latte nelle leggi ed nei regolamenti per il commercio di animali e di prodotti di origine animale anche all’interno degli accordi del WTO.

Tali iniziative potrebbero essere bollate come l’ennesimo strumento per penalizzare l’allevamento del bovino da latte. Credo che nel nostro caso, invece, sia più utile in questo caso “fare di necessità virtù”, poiché tali normative possono rappresentare uno stimolo per migliorare la gestione e l’efficienza dell’allevamento poiché è ormai dimostrato che vi è un significativo legame tra sanità dell’animale, il suo benessere degli animali e qualità e quantità delle produzioni. Pertanto, il raggiungimento degli obiettivi di qualità delle produzioni, riduzione dei rischi igienico-sanitari e mantenimento del benessere animale non può che derivare da un sistema integrato che coinvolga le diverse componenti della filiera produttiva e che sia mirato a prevenire i problemi, identificando i rischi e proponendo tempestivamente delle soluzioni che li possano ridurre od eliminare. In questo ambito, una delle componenti chiave è ovviamente rappresentata dall’allevamento. Non può infatti sopravvivere un allevamento che produce prodotti salubri e di qualità in perdita, così come animali ammalati non possono produrre alimenti idonei al consumo, oppure non è possibile che in nome del profitto si producano alimenti o sostanze potenzialmente pericolose. Per raggiungere tale obiettivo, quello che tuttora manca negli allevamenti è una procedura operativa pratica e standardizzata. Questa procedura che può essere definita come “buone pratiche di allevamento” deve collegare le tecniche di allevamento più appropriate a sistemi di monitoraggio e di verifica dello stato sanitario e di benessere degli animali in grado sia di allertare l’allevatore della comparsa di rischi sanitari e produttivi, sia di consentire la certificazione della presenza di un ottimale stato sanitario e di benessere degli animali.

A cura di Alfonso Zecconi

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