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PCR e diagnosi di mastite

Lo studio descritto in questo articolo è stato condotto di recente su un totale di 794 bovine da latte appartenenti a quattro allevamenti danesi, che hanno preso parte a un programma di eradicazione per quanto riguarda le infezioni intramammarie causate da S. agalactiae.

È noto che una diagnosi precoce e accurata, abbinata a efficaci misure di controllo, può essere utilizzata con successo per eradicare S. agalactiae dagli allevamenti di bovine da latte.

Fino a qualche anno fa l’esame batteriologico è stato il principale strumento diagnostico utilizzato per identificare le mastiti causate da questo battere patogeno. Tuttavia, questa tecnica diagnostica presenta alcune limitazioni dovute alla possibilità di classificazione errata a causa della somiglianza tra le colonie di S. agalactiae e le colonie di altri streptococchi. Inoltre l’esame batteriologico richiede 24-48 ore e un’attenta conservazione del campione da sottoporre ad analisi. Queste limitazioni potrebbero ostacolare l’identificazione accurata di S. agalactiae e portare a risultati falsi negativi, riducendo le possibilità di successo di un programma di controllo negli allevamenti.

Le tecniche di diagnostica molecolare possono rappresentare uno strumento diagnostico molto più sensibile rispetto al tradizionale esame batteriologico.

Negli ultimi anni l’utilizzo della PCR come strumento per diagnosticare le infezioni intramammarie è in aumento. Questa tecnica di biologia molecolare è solitamente utilizzata su campioni di latte prelevati, in modo non sterile, durante i periodici campionamenti effettuati per valutare le caratteristiche quali-quantitative del latte prodotto dalle bovine. La PCR è in grado di identificare il DNA dei batteri patogeni per la mammella, questo rappresenta un potenziale vantaggio, rispetto al tradizionale esame batteriologico, poiché consente di conservare i campioni di latte a temperatura ambiente e permette l’aggiunta di sostanze ad azione batteriostatica senza alterare i risultati dell’analisi.

Oggi è presente sul mercato un kit diagnostico che, grazie alla PCR, è in grado di individuare dodici dei principali agenti eziologici di mastite indipendentemente dal tempo trascorso dal prelievo del latte, della vitalità dei patogeni e dalla presenza di sostanze inibenti.

Nonostante questi apparenti vantaggi, il campionamento non sterile eseguito in serie durante la mungitura, presenta alcune importanti problematiche legate alla possibile cross-contaminazione dei campioni prelevati in modo automatico in sala di mungitura e alla possibile ulteriore contaminazione da parte di batteri presenti sui capezzoli che non sono eliminati durante il campionamento effettuato senza un’adeguata disinfezione dell’apice dei capezzoli.

Gli obiettivi dello studio descritto nel presente articolo sono:

  1. Valutare l’effetto cross-contaminazione dei batteri patogeni dal campione prelevato, in modo automatico, da una bovina affetta da mastite ai campioni prelevati dalle bovine munte di seguito.

  2. Determinare l’effetto del campionamento sterile sul risultato della PCR.

Determinare l’effetto dei fenomeni sopra descritti sui risultati della PCR è molto importante poiché un’errata classificazione degli animali, dovuta alla presenza di un consistente numero di campioni falsi-positivi, è causa di un aumento dei costi di gestione della mandria sia per quanto riguarda l’eventuale applicazione di trattamenti terapeutici inutili oppure a causa dell’eliminazione impropria di animali classificati come malati ma, in realtà, non affetti da mastite contagiosa.

Precedenti studi, che facevano riferimento al contenuto di grasso nel latte, hanno già dimostrato l’esistenza di un effetto di trascinamento, pari a circa il 6-7% del contenuto di grasso nel campione. Questo fenomeno avviene a causa della presenza di residui di latte, proveniente dalla bovina munta in precedenza, nel gruppo di mungitura, nei tubi e nel sistema di campionamento.

Durante la mungitura, nello studio qui descritto, le bovine sono state divise, in modo casuale, in due gruppi. Il 50% circa delle bovine, dopo le usuali pratiche di pulizia dei capezzoli portate a termine dai mungitori, è stato sottoposto a disinfezione dei capezzoli mediante cotone imbevuto di alcool previo scarto dei primi getti di latte, il restante 50% delle bovine in lattazione non è stato sottoposto a questo trattamento.

In seguito il latte di ciascuna bovina è stato sottoposto a campionamento mediante un sistema automatico. Per ogni bovina è stato registrato l’ordine di mungitura al fine di determinare, poi, l’eventuale presenza di cross-contaminazione tra i singoli animali.

Dopo il prelievo, i campioni di latte sono stati addizionati con un composto ad azione batteriostatica e sono stati inviati in laboratorio per la determinazione del contenuto di grasso, di proteine e di cellule somatiche. Contemporaneamente sui campioni di latte è stata eseguita la PCR registrando di volta in volta il numero di cicli di amplificazione del DNA (Ct-value).

La necessità di un numero elevato di cicli d’amplificazione (40) del DNA per la sua successiva identificazione tramite fluorescenza è messa in relazione con un minor contenuto di batteri nel campione e viceversa.

Relazione tra ordine di mungitura ed effetto di trascinamento

I risultati ottenuti hanno dimostrato che maggiore è il cut-off per quanto riguarda il numero di cicli di amplificazione del DNA e maggiore è la correlazione esistente con la positività di più campioni raccolti uno dopo l’altro e, conseguentemente, maggiore è il grado di trascinamento individuato tra campioni provenienti da bovine con infezione intramammaria e bovine sane munte di seguito. La correlazione tra ordine di mungitura e positività alla PCR è, infatti, pari al 13% a valori di cut-off elevati e pari al 9% a valori di cut-off più bassi.

Questi risultati indicano che l’analisi tramite PCR del latte prelevato durante i controlli di routine negli allevamenti da latte è associata a un determinato numero di risultati falsi positivi la cui entità dipende principalmente dalla scelta del valore di cut-off per quanto riguarda il Ct-value.

Questo implica che un campione prelevato da una bovina sana, raccolto dopo aver prelevato quello di una bovina con mastite, può contenere frammenti di DNA appartenenti a S. agalactiae semplicemente come conseguenza di fenomeni di trascinamento/cross-contaminazione e, quindi, rivelarsi un falso positivo.

Pertanto, gli allevatori e i veterinari che si trovano a dover gestire un programma di controllo delle mastiti devono necessariamente considerare gli effetti del trascinamento, prima di prendere decisioni sia per quanto riguarda l’inizio di un trattamento terapeutico sia per quanto riguarda l’eventuale eliminazione delle bovine sospettate di essere infette.

I risultati di questo studio hanno dimostrato che la cross-contaminazione costituisce un importante limite di questa procedura diagnostica, questo perché la contaminazione crociata dei campioni di latte può determinare la distorsione dei risultati portando a un’errata diagnosi di mastite e al fallimento della strategia di controllo.

Fonte: Effect of carryover and presampling procedures on the results of real-time PCR used for diagnosis of bovine intramammary infections with Streptococcus agalactiae at routine milkrecordings. Yasser S. Mahmmod, Marshal M. Mweu, Søren S. Nielsen, Jørgen Katholm, Ilka C. Klaasa. – Preventive Veterinary Medicine 113 (2014) 512–521.

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