La resistenza agli antibiotici, da parte dei batteri patogeni per l’uomo e per gli animali, è causa di crescente preoccupazione sia per gli operatori sanitari che si occupano di medicina umana sia per i medici veterinari.
La riduzione dell’efficacia dei principi attivi ad azione antibatterica oggi ampiamente utilizzati, sia in medicina umana sia in veterinaria, può potenzialmente aumentare il rischio d’infezioni batteriche non trattabili in modo efficace utilizzando tali principi attivi.
Recenti studi hanno dimostrato che, nell’ultimo decennio, il numero di batteri patogeni resistenti agli antibiotici comunemente utilizzati è in costante crescita.
Molti antibiotici utilizzati per curare le persone e gli animali sono eliminati dall’organismo attraverso le urine e le feci, tal quali o sotto forma di metaboliti con attività antibiotica residua. Questo fenomeno è il principale responsabile della diffusione di tali sostanze nell’ambiente.
Una volta nell’ambiente, ciascun antibiotico si comporta in modo diverso secondo la sua stabilità, la sua interazione con gli elementi del terreno e il suo grado di solubilità nell’acqua.
Uno studio condotto in Michigan ha rilevato la presenza di batteri resistenti agli antibiotici in campioni prelevati da corsi d’acqua che scorrono in prossimità d’impianti di depurazione delle acque reflue provenienti da allevamenti intensivi. Di 830 batteri ambientali isolati il 77% è risultato essere resistente solo all’ampicillina, mentre il 21% si è mostrato resistente a più principi attivi ad azione antibiotica.
Una recente ricerca, portata a termine in California, ha valutato la presenza e il movimento degli antibiotici durante le normali pratiche agricole in diversi allevamenti di bovine da latte.
I campioni sono stati prelevati sia da terreni agricoli, dove prima era stato distribuito il letame, sia dalle lettiere, dove gli animali sono stati stabulati. I risultati hanno dimostrato che residui di antibiotici erano ampiamente diffusi all’interno dei confini dell’azienda agricola.
I residui sono stati rilevati in maggiore concentrazione a livello di box parto e nei box utilizzati come infermeria, elevate concentrazioni di antibiotici sono state rilevate anche nelle vasche di stoccaggio dei liquami.
Residui di sulfamidici sono stati rilevati nelle acque sotterranee poco profonde, mentre la presenza di tetracicline è stata rilevata nei terreni agricoli. Le differenze esistenti nella distribuzione dei residui degli antibiotici sono legate alle diverse caratteristiche fisico-chimiche di queste sostanze che ne influenzano la distribuzione nell’ambiente. Le tetracicline, infatti, hanno una maggiore capacità di legarsi agli elementi del terreno rispetto ai sulfamidici.
Residui di lincomicina sono stati rilevati nelle falde acquifere, questo grazie all’elevata resistenza di questo principio attivo alle reazioni di fotodegradazione e all’azione dei microorganismi presenti nel terreno.
Uno studio realizzato in Colorado ha esaminato l’effetto delle precipitazioni piovose sulla distribuzione, nel terreno e nelle acque in esso presenti, dei residui di sette principi attivi ad azione antibiotica ampiamente utilizzati negli allevamenti (tetraciclina, clorotetraciclina, sulfatiazolo, sulfametazina, eritromicina, tilosina e monensin). Gli antibiotici sono stati distribuiti su diversi terreni, destinati alla coltivazione di mais, e in seguito sono stati sottoposti a pioggia simulata.
I risultati hanno dimostrato che il monensin si ritrova in quantità elevate nelle acque di scolo, mentre l’eritromicina presenta la maggiore concentrazione nei sedimenti. La tetraciclina e la clorotetraciclina, sono state rilevate in basse concentrazioni nelle acque di scolo, questo perché tali principi attivi sono in grado di legarsi saldamente agli elementi del terreno. I risultati suggeriscono che l’applicazione di pratiche agronomiche in grado di ridurre l’erosione del terreno potrebbero minimizzare la diffusione di tetraciclina, eritromicina e tilosina, mentre sono necessari interventi di altro genere per ridurre il trasporto, da parte delle acque di scolo, degli altri quattro antibiotici.
Oggi si stanno mettendo a punto diverse tecniche in grado di ridurre il trasporto di antibiotici, escreti dagli animali allevati, nell’ambiente. Le tecniche più comunemente utilizzate sono: aereazione dei liquami per favorire la degradazione degli antibiotici, compostaggio, digestione delle deiezioni da parte di batteri anaerobi, prevenzione dell’erosione del suolo con adeguate pratiche agronomiche.
In conclusione possiamo affermare che l’allevamento intensivo svolge un ruolo di primo piano nella diffusione di antibiotici nell’ambiente e quindi nell’instaurarsi di fenomeni di antibiotico-resistenza. Nella progettazione e nella gestione degli allevamenti è quindi di fondamentale importanza adottare tutte le misure preventive necessarie a ridurre tale fenomeno che rappresenta un crescente pericolo per la salute pubblica.
Fonte: Avoiding residues: beyond meat and milk. Joe Harrison, Katharine Knowlton, John Gay and Liz Whitefield. – HOARD’S DAIRYMAN, March 25, 2014.
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