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L’antibiotico-resistenza: cos’è e come evitarla

L’antibiotico-resistenza è un problema di grande interesse per la salute pubblica. Il legislatore, conscio che l’utilizzo inappropriato degli antibiotici in allevamento possa contribuire all’insorgenza e alla diffusione di antibiotico-resistenze, ha elaborato e sta elaborando leggi a tutela dei cittadini volte a controllare l’utilizzo di antibiotici in medicina veterinaria. Negli Stati Uniti, in particolare, è stata proposto un progetto di legge in cui sono menzionate sette classi di antibiotici considerati importanti per la medicina umana e che attualmente vengono utilizzati nell’alimentazione animale per un utilizzo cosiddetto “non terapeutico”. Per tutti i farmaci per cui non sarà dimostrato che esiste una “certezza ragionevole di non essere dannosi” dal punto di vista della resistenza verrà revocata l’autorizzazione alla vendita. Se la proposta di legge dovesse essere approvata l’industria del latte americana potrebbe dover affrontare le restrizioni sulle disponibilità e quindi sull’utilizzo di sostituti del latte medicati.

L’antibiotico-resistenza può essere legata a caratteristiche strutturali dei batteri, come nel caso dei microrganismi resistenti agli antibiotici betalattamici (penicillina, ampicillina e ceftiofur, ad esempio). Questi principi attivi agiscono legando proteine target della parete cellulare. Questo legame è causa di una alterazione di parete che porta alla sua rottura. Gli antibiotici betalattamici agiscono maggiormente nei confronti di batteri in attiva replicazione poiché distruggono la parete batterica durante il suo sviluppo. Un’altra causa di insorgenza di antibiotico-resistenza è la cosiddetta resistenza “acquisita”. Quest’ultima può essere legata ad una mutazione del patrimonio genetico del batterio (produzione di enzimi che inattivano il principio attivo, molto comune in Staphylococcus spp. nei confronti dei farmaci betalattamici) oppure al trasferimento di materiale genetico da un microrganismo ad un altro (alterazione della permeabilità del batterio con conseguente minore penetrazione di farmaco). Un terzo meccanismo coinvolge la produzione di pompe di effusione che consentono al microrganismo di eliminare attivamente il farmaco. In questo modo viene ridotta la concentrazione del farmaco al di sotto del livello minimo in grado di produrre effetti. Questo caso è comune per l’ossitetraciclina. Un quarto meccanismo di resistenza è rappresentato dall’alterazione del recettore del farmaco così che il principio attivo non è più in grado di legarvisi (tipico dei batteri resistenti ai farmaci betalattamici).

Alcuni lavori scientifici hanno evidenziato come la presenza di sostanze antimicrobiche in concomitanza agli ormoni dello stress facilitino il passaggio di resistenza tra microrganismi. L’utilizzo sconsiderato di farmaci ha inoltre fatto sì che la selezione dei batteri spingesse verso la resistenza. L’uso di antibiotici nella dieta degli animali inoltre favorisce l’insorgenza di resistenza in microrganismi dell’intestino che non rappresentano il bersaglio della terapia. Questi ultimi rappresentano un vero rischio per il consumatore.

La sensibilità/resistenza agli antibiotici viene misurata attraverso la definizione della MIC (minima concentrazione inibente la crescita batterica). Questa può essere facilmente stabilita in laboratorio e fornisce utili informazioni circa la scelta del principio attivo da utilizzare in caso di infezione,il dosaggio e la durata della terapia ottimali. Risulta quindi essenziale instaurare una terapia antibiotica basata su dati oggettivi che consenta di recuperare nel più breve tempo possibile l’animale infetto e , soprattutto, di ridurre al minimo la possibilità di diffondere in ambiente microrganismi resistenti, potenzialmente pericolosi per la salute umana.

M.Mazzilli

Tratto da: Hans Coetzee –Delving into antimicrobial resistance- Hoard’s Dairyman del 25 Agosto 2010

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