L’importanza della qualità del latte non termina nel momento in cui il latte viene consegnato alla latteria. Infatti la responsabilità di mantenere un prodotto di alta qualità deve essere condivisa da tutti i membri della catena produttiva, a partire dall’allevatore fino al consumatore. In particolare, la presenza e la moltiplicazione microbica riducono la shelf-life (scadenza) del latte pastorizzato.
Alla Cornell University, è stato elaborato un programma per il miglioramento della qualità del latte volto a sviluppare nuovi test per l’identificazione di microrganismi deterioranti nel prodotto con l’obiettivo di massimizzare la vita commerciale del latte e ad individuare delle pratiche gestionali che promuovano la produzione di latte di alta qualità.
I batteri possono penetrare nel sistema di produzione-trasformazione del latte in differenti passaggi, dall’allevamento fino a quando il latte viene pastorizzato. Batteri come i Bacillus o Paenibacillus sono comunemente isolabili nell’ambiente dell’allevamento. Questi microbi hanno la capacità di produrre spore (delle strutture batteriche atte a resistere a condizioni ambientali estreme) resistenti al calore che possono resistere al trattamento termico HTST, comunemente utilizzato nell’industria del latte.
Alcuni ceppi di questi batteri – in particolare Paenibacillus – non solo sopravvivono alla pastorizzazione ma riescono a crescere anche alle temperature di refrigerazione, causando un precoce deterioramento del latte. Molti passaggi del processo produttivo possono favorire la contaminazione con questi microrganismi.
Punti critici del processo
Quando il latte crudo entra nel processo produttivo, passa attraverso un separatore di panna (per standardizzare il contenuto in grasso) e, attraverso tubi in acciaio inossidabile, raggiunge le macchine per la pastorizzazione. I pastorizzatori sono composti essenzialmente da “scambiatori di calore” che sono una serie di lamine di metallo sottili ed impilate tenacemente tra loro che consentono il passaggio di calore al latte. Questi scambiatori di calore devono raggiungere la temperatura di 72°C per almeno 15 secondi prima che il latte venga raffreddato in una seconda serie di lamine di metallo. Le lamine, essendo impilate tra loro, consentono ai microrganismi sporigeni di moltiplicarsi nella macchina. Il latte prima di raggiungere il container di stoccaggio refrigerato deve passare attraverso una serie di tubi. Ogni punto “morto” o giunzione in questo condotto può favorire il ristagno di latte. Questa è una importante fonte di contaminazione post pastorizzazione del latte.
Le tecniche di diagnostica molecolare consentono di identificare precisamente i batteri responsabili del deterioramento del latte e di tracciarli dall’allevamento fino al prodotto finito e quindi consentono di individuare i punti critici per migliorare i sistemi di pulizia degli impianti consentendo così di ridurre notevolmente le contaminazioni post pastorizzazione.
Bacillus e Paenibacillus sono comunemente isolati nel mangime, acqua e suolo, fonti che consentono ai microrganismi numerose vie di accesso nel latte crudo. Inoltre queste spore sono resistenti al calore e ai disinfettanti così da rappresentare un vero e proprio problema per il processo di pastorizzazione. La pastorizzazione non può eliminare completamente i microrganismi ma è possibile utilizzare delle temperature che minimizzino la formazione di spore. Per evitare questo fenomeno la temperatura ottimale di pastorizzazione è tra 72°C e 75°C.
L’obbiettivo è la prevenzione
Per il controllo dei microrganismi sporigeni è stato elaborato un piano per migliorare il livello igienico del processo produttivo. Questo programma ha consentito di individuare i punti critici della produzione e di elaborare possibili piani correttivi. In particolare sono state analizzate 108 aziende nelle quali è stato prelevato un campione del latte di tank ed è stato proposto un questionario per valutare la qualità del processo produttivo. I campioni di latte prelevati sono stati pastorizzati a 80°C per 12 minuti e sono stati sottoposti ad esame microbiologico al giorno 0, 7,14,21 dopo la pastorizzazione. Sono stati valutati la Carica Batterica Totale (CBT), il numero di spore presenti, e il numero dei batteri psicotropi. Una volta effettuate queste analisi le aziende sono state suddivise in due gruppi (alto o basso) a seconda della numerosità della popolazione batterica individuata. Dall’analisi statistica dei dati è risultato come la presenza di spore nel latte fosse maggiore nelle aziende “sporche”. Concludendo sia gli allevatori che il personale nelle aziende di lavorazione-pastorizzazione del latte condividono la responsabilità per produrre un latte di qualità. Solo agendo a livello di management aziendale e, contemporaneamente individuando e correggendo i punti critici del processo produttivo si potrà migliorare la shelf-life del prodotto.
M.Mazzilli
Bibliografia: S.N. Masiello, M.L. Ranieri, K.J. Boor – It’s a shared responsibility – Hoard’s Dairyman 10 February 2011
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