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Alimentazione del vitello

La fase di transizione da un’alimentazione esclusivamente lattea a un’alimentazione a base di alimenti solidi rappresenta un momento importante delle prime settimane di vita dei vitelli. Questo periodo critico presenta notevoli ripercussioni sullo stato sanitario degli animali e sul loro corretto sviluppo, e quindi sulla redditività dell’allevamento.

I programmi di svezzamento tradizionali hanno l’obiettivo di svezzare i vitelli una volta raggiunta una determinata età. Per raggiungere questo scopo, già al termine della prima settimana di vita, l’apporto di latte è ridotto al fine di costringere i vitelli ad assumere una maggiore quantità di mangime starter.

Tuttavia, i vitelli non hanno un rumine sufficientemente sviluppato in grado di fermentare efficacemente tale mangime. Questi vitelli spesso sviluppano acidosi ruminale con conseguente danneggiamento delle papille ruminali. La carenza di sostanze nutritive, dovuta all’incapacità del rumine di fermentare i principi nutritivi, oltre a ridurre l’incremento di peso dell’animale si ripercuote negativamente sullo sviluppo del sistema immunitario, predisponendo l’animale a contrarre patologie più o meno gravi.

Lo scopo di quest’articolo è di fornire alcuni semplici principi che permettano all’allevatore e al veterinario di gestire al meglio una fase così importante e nello stesso tempo così delicata.

Iniziamo sfatando un luogo comune: una convinzione diffusa circa l’allevamento dei vitelli è che il consumo precoce di grandi quantità di mangime starter a base di cereali rappresenta una condizione positiva, poiché è considerato un indicatore di precoce sviluppo ruminale. Al contrario, questo fenomeno indica che il giovane vitello non riceve abbastanza nutrienti attraverso il latte per soddisfare i propri fabbisogni di energia e proteine ​​ed è quindi alla ricerca di altre fonti di sostanze nutritive.

Esiste, negli allevatori, la preoccupazione che se i vitelli sono alimentati con elevate quantità di latte, il desiderio di ingerire mangime starter sarà notevolmente ritardato.

Inizialmente, i vitelli, consumeranno sicuramente meno mangime starter, tuttavia bisogna considerare che l’assunzione di sostanza secca dipende dal peso corporeo. Vitelli che consumano una maggiore quantità di latte sono in grado di incrementare il proprio peso corporeo fino a 1,9 kg al giorno, contro un incremento giornaliero di soli 230-340 g che si verifica in vitelli alimentati seguendo i programmi di svezzamento tradizionali, caratterizzati da un aumento precoce del quantitativo di mangime starter fornito a scapito della quantità di latte somministrata. I vitelli nutriti con un quantitativo giornaliero di latte pari a circa il 20% del peso corporeo alla nascita, presentano quindi un incremento ponderale notevolmente migliore che porta a un conseguente aumento dell’ingestione di sostanza secca.

Al fine di permettere un’adeguata transizione dei vitelli dall’alimentazione lattea a quella solida, il processo di svezzamento deve essere in sincronia con lo sviluppo del rumine.

All’età di 4-6 settimane il consumo di mangime starter da parte dei vitelli aumenterà significativamente e, molto probabilmente, esso sarà assunto in quantità tali da consentire l’inizio del processo di svezzamento a un’età compresa tra le 7 e le 10 settimane, età alla quale il consumo di mangime starter deve essere di circa 1,8 kg/giorno per quanto riguarda i mangimi di bassa qualità (contenuto proteico pari al 18%) e di circa 0,9 kg/giorno per quanto riguarda mangimi starter di alta qualità (contenuto proteico del 24-25%).

Lo svezzamento potrà avvenire dopo il terzo giorno di assunzione dei quantitativi sopra indicati.

Un fattore d’importanza basilare nella programmazione di una fase di transizione di successo è legato alla qualità del mangime starter utilizzato. Le caratteristiche che permettono di stabilire se un mangime starter è di qualità elevata sono:

  1. Contenuto di proteine: non deve essere inferiore al 22%, ma un contenuto proteico del 24-25% è da preferirsi.

  2. Fonte proteica principale: dovrebbe essere la soia, che presenta un buon equilibrio di amminoacidi ed è facilmente digeribile e degradabile a livello ruminale. Le proteine bypass non dovrebbero essere presenti nei mangimi starter utilizzati per l’alimentazione dei vitelli. Nel rumine in via di sviluppo, infatti, la capacità di utilizzare le proteine ​​è limitata e questo fa si che qualsiasi proteina che non è digerita diventi proteina bypass e passi nell’intestino tenue, dove è assorbita.

  3. Fonte di carboidrati: nel mangime starter deve essere presente un carboidrato con un contenuto elevato di amido facilmente disponibile. Spesso è utilizzato il mais, però l’amido in esso contenuto non è prontamente disponibile e questo può determinare un ritardo nello sviluppo ruminale. Per cercare di ovviare a questo problema alcuni mangimi starter per vitelli contengono un piccolo quantitativo di orzo in fiocchi come fonte di amido rapidamente disponibile. La presenza di carboidrati facilmente fermentescibili è importante in quanto, a livello ruminale, essi sono trasformati in acidi grassi volatili (AGV) che rappresentano un’importante fonte di energia per l’animale. Il mais schiacciato con rulli a bassa pressione è da preferirsi al mais in fiocchi ottenuti mediante l’utilizzo di trattamenti termici intensi in quanto, quest’ultimo è più fragile e può dar luogo alla formazione di particelle troppo fini che limitano la disponibilità dell’amido in esse contenuto.

  4. Consistenza e contenuto di umidità: il mangime starter fornito al vitello deve presentare una consistenza elevata, determinata soprattutto dal basso livello di umidità. I vitelli sono molto abitudinari e non gradiscono cambiamenti di consistenza del mangime, che tenderebbero a ridurre l’assunzione di sostanza secca.

  5. Forma: i mangimi starter per vitelli sono disponibili in tre forme: strutturato, pellettato e sfarinato. Il mangime strutturato è preferibile per diverse ragioni. Una ragione è che esso è più appetibile e questo si traduce in una maggiore assunzione di sostanza secca rispetto ad altre forme. Un’altra ragione è che, a causa della sua forma, esso tende a stimolare maggiormente la muscolatura della parete del rumine.

  6. Dimensioni dei pellets: le dimensioni dei pellets, sia nei mangimi strutturati sia in quelli pelletati, svolgono un ruolo importante nel processo di sviluppo della muscolatura della parete ruminale.

Molti mangimi starter presentano pellets di piccole dimensioni (8 mm di diametro) e per questo motivo sono meno efficaci nel promuovere lo sviluppo della muscolatura ruminale. Sono da preferirsi mangimi starter caratterizzati da pellets di 12 millimetri di diametro. Durante l’esecuzione di prove in campo è stata osservata un’assunzione media maggiore del 15 per cento, per quanto riguarda i mangimi strutturati, rispetto a quella osservata per i mangimi pellettati.

Un altro fattore da tenere in considerazione è il fabbisogno idrico dei vitelli, è noto a tutti che l’acqua è un elemento fondamentale per la sopravvivenza dell’animale, ma è determinante anche per consentire un adeguato sviluppo della popolazione batterica ruminale. Purtroppo, ci sono ancora allevatori che impediscono o limitano l’accesso all’acqua ai vitelli durante l’alimentazione lattea. Nei vitelli che si alimentano esclusivamente dalla bottiglia, si ha la chiusura della doccia esofagea e i liquidi raggiungono direttamente l’abomaso, bypassando il rumine. Come risultato, il fabbisogno idrico dei batteri ruminali non è soddisfatto. Al contrario, quando l’acqua è assunta da un recipiente (un secchio, per esempio) essa raggiunge direttamente il rumine.

Molti studi hanno dimostrato che la presenza di acqua sempre a disposizione del vitello aumenterà notevolmente la quantità di mangime starter da esso consumata.

L’adeguata assunzione di acqua andrà a influenzare positivamente lo sviluppo del rumine e aumenterà il tasso di crescita dei vitelli.

Negli ultimi anni si è diffusa la crescente consapevolezza dell’importanza di elevare la quantità di latte somministrato ai vitelli. Per questo motivo vi è stato un aumento del numero di allevatori che ha deciso di ricorrere all’utilizzo di alimentatori automatici. Uno dei problemi principali relativi all’utilizzo di alimentatori computerizzati è che quando i vitelli sono stabulati in gruppi non è possibile determinare la quantità di mangime starter assunto da ogni singolo soggetto. Anche se il software dell’alimentatore ha ridotto l’assunzione di latte, alcuni vitelli non sono in grado di consumare, prima dello svezzamento, una quantità di mangime starter sufficiente che sia in grado di soddisfare le loro esigenze nutrizionali. Questo è il motivo per cui è comune vedere, in allevamenti che hanno adottato questo sistema, vitelli defedati che presentano uno scarso incremento ponderale e sono maggiormente colpiti da patologie respiratorie dopo lo svezzamento.

Alcuni allevamenti situati in regioni caratterizzate da un clima fresco hanno sviluppato programmi di alimentazione a base di latte acidificato. In questi casi, i vitelli hanno libero accesso al latte in ogni momento. Il pH basso del latte acidificato tende a limitare la quantità di latte ingerita dal vitello in ogni singolo pasto, tuttavia i vitelli possono consumare 12 o più litri di latte al giorno.

I vitelli alimentati con latte acidificato aumentano di peso rapidamente, ma al momento dello svezzamento si presentano gli stessi problemi sopra citati.

In conclusione possiamo affermare che progettare un programma di transizione per vitelli basandosi sui principi contenuti in quest’articolo, permetterà di ottenere:

  1. Un aumento significativo del tasso d’incremento del peso corporeo senza causare un eccessivo accumulo di grasso.

  2. Vitelli più sani con riduzione della morbilità e della mortalità.

  3. Manze che raggiungeranno prima il peso adatto per la fecondazione.

  4. Primipare in lattazione che entrano nella mandria giovani e con la capacità di produrre più latte.

Per tutti questi motivi una transizione di successo dei vitelli è sicuramente un investimento importante nella produttività e redditività di ogni allevamento.

Fonte: Transition management for dairy calves – Robert B. Corbett, D.V.M. – HOARD’S WEST Dec. 2013.

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