Il mondo degli allevamenti sta affrontando una serie di problemi legati a patogeni che hanno pesanti conseguenze a tutti i livelli. Pensiamo alla PSA negli allevamenti suini o al Bluetongue negli allevamenti di ruminanti. Altri paesi come gli USA stanno affrontando un problema sicuramente più grave e pericoloso per le possibili ricadute (negative) sulla salute dell’uomo. Stiamo ovviamente parlando dell'influenza aviaria altamente patogena che si è diffusa negli allevamenti da latte in tutti gli Stati Uniti e, purtroppo, il virus è stato rilevato nel latte crudo.
La patologia fortunatamente non è stata rilevata nel nostro paese, ma sapere cosa stia succedendo negli USA aiuta a sapere cosa fare nel malaugurato caso che avvenga anche qui.
Recenti studi (vedi link al termine dell’articolo) hanno evidenziato uno dei target biochimici che rendono il bovino da latte e, soprattutto, la mammella un target importante per il virus.
Il virus richiede la presenza a livello di cellule dell’ospite dall'acido sialico, una molecola di zucchero presente sulla superficie di alcune cellule animali, che funge da recettore per il virus dell’influenza. Senza l'acido sialico che fornisce un punto di ingresso per attaccarsi, invadere e infettare, è improbabile che un virus influenzale trovi un potenziale ospite ospitale.
Prima della recente epidemia di HPAI nelle mandrie da latte, le ricerche sui livelli di acido sialico nelle ghiandole mammarie dei bovini erano scarse. Gli scienziati non avevano motivo di sospettare che gli organi che producono latte fossero un buon bersaglio per l'influenza.
Un gruppo di ricercatori dell'Iowa State, che ha esaminato campioni di ghiandola mammaria di due vacche infette, ha trovato una ricca quantità di acido sialico, che potrebbe far luce sul modo in cui il virus si attacca all'ospite e aiutare a sviluppare misure per rallentare la diffusione della malattia.
I campioni di bovini da latte infetti esaminati dai ricercatori dell'ISU - sia ghiandole mammarie che tessuti respiratori - presentavano recettori per ceppi influenzali provenienti da uccelli, uomini e maiali.
La nota e, purtroppo, abbondante presenza di virus nel latte indica che un ruolo chiave per ridurre la diffusione del virus nell’allevamento e fuori potrebbe essere a livello di mungitura, così come già facciamo per i batteri contagiosi.
Va detto che tutte le ricerche effettuate dimostrano costantemente che la pastorizzazione neutralizza virus come quello dell'influenza. Ma sapere che le vacche sono biologicamente adatte a ospitare il virus dell'influenza, in particolare nelle loro ghiandole mammarie, ribadisce i pericoli del consumo di latte crudo e stimola una riflessione sulle modalità di gestione del latte di scarto.
Potrete trovare il lavoro origina al link
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